C’è danno erariale se il Comune paga il corrispettivo del trasporto scolastico durante il periodo di sospensione a cagione del COVID?
La Corte dei Conti, sezione di controllo del Lazio, con la deliberazione n. 70/2020, pubblicata sul sito il 23 settembre 2020, non ha risolto la problematica della legittimità dell’eventuale pagamento parziale al gestore di una quota parte del corrispettivo per il periodo emergenziale in cui il servizio è stato imperativamente sospeso, ma i cui costi di esercizio, quantomeno quelli fissi, sono stati, comunque, sostenuti dalle aziende.
È noto che l’art. 92, comma 4 bis, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (conv., con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) ha previsto che non potessero essere applicata ai gestori dei “servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico” alcuna decurtazione di corrispettivo, né sanzioni o penali in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020. Successivamente l’art. 109 comma 1 lettera b) del D.L. n. 34/2020 ha soppresso le parole “e di trasporto scolastico” e, dunque, è venuto l’obbligo dei Comuni concedenti di pagare per intero il servizio non svolto durante il periodo emergenziale.
Per tale motivo, al fine di non creare danno erariale, un Comune ha richiesto alla Corte dei Conti un parere in ordine alla “legittimità del riconoscimento parziale di una quota parte del corrispettivo, eventualmente commisurato ai costi fissi (a titolo esemplificativo assicurazione, affitto dei posteggi di sosta etc.)”.
La Corte dei Conti non si è pronunciata nel merito, ritenendo la richiesta inammissibile sotto il profilo oggettivo, in quanto i magistrati contabili possono pronunciarsi in materia di contabilità pubblica solo se la richiesta ha carattere generale ed astratto, non potendo esprimersi su quesiti che implichino valutazioni sui comportamenti amministrativi o attinenti a casi concreti o ad atti gestionali già adottati o da adottare da parte dell’ente. In tale prospettiva, la Corte ha richiamato il proprio costante orientamento secondo cui la funzione consultiva non può risolversi in una surrettizia modalità di co-amministrazione, dovendosi rimettere all’Ente ogni valutazione in ordine a scelte eminentemente discrezionali ed ha precisato che, nel caso di specie, la richiesta di parere, “pur prendendo le mosse da una disposizione normativa avente riflessi finanziari per gli enti locali, investe precipuamente profili inerenti l’esecuzione di uno specifico rapporto negoziale e l’adempimento delle relative obbligazioni, anche alla luce dell’interpretazione delle pertinenti clausole contrattuali, aspetti esulanti dalla materia della contabilità pubblica per come declinata nella giurisprudenza di questa Corte (negli stessi termini cfr., da ultimo, le deliberazioni della Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 54/2020/PAR, n. 58/2020/PAR e n. 71/2020/PAR)”.
Il magistrato contabile ha, dunque, rimesso il sindacato sulla questione al giudice ordinario, che potrà, e dovrà, pronunciarsi sulla scorta delle disposizioni di legge, come successivamente intervenute.
Invero, non spiegando efficacia retroattiva la soppressione disposta dall’art. 109 comma 1 lettera b) del D.L. n. 34/2020, l’obbligo del pagamento dell’intero corrispettivo pare, quantomeno, intatto sino alla entrata in vigore della predetta disposizione (19/05/2020), fermo restando che, per il prosieguo, sembra possibile invocare i principi vigenti in materia di compensazione degli oneri di servizio pubblico: nel periodo della sospensione i gestori hanno comunque sostenuto costi fissi, come richiamato nella richiesta di parere del Comune, non suscettibili di cessazione immediata, anche in considerazione del fatto che la durata della sospensione del servizio non era preventivabile.